apocalisse ai lavori creativi

L’Apocalisse Ai dei Lavori Creativi: Chi Sopravviverà all’Impatto dell’Ai nel 2025?

La fine dei lavori creativi?

Il 2025 non è il futuro. È adesso. Ed è il punto in cui la creatività, per come l’abbiamo conosciuta, inizia a perdere pezzi. L’intelligenza artificiale ha smesso di essere uno strumento: è diventata un sistema. Una nuova architettura che ridisegna il mondo dell’intrattenimento, della comunicazione, della produzione visiva e digitale. Non si tratta più di capire se cambierà qualcosa. Ma di accettare che sta già succedendo.

I primi a scomparire sono i ruoli tecnici. Montatori, sound designer, tecnici audio e colorist stanno vedendo le loro competenze divorate da software sempre più veloci e precisi. La post-produzione, che una volta richiedeva notti insonni e mani esperte, oggi può essere ridotta a pochi prompt ben scritti. Un lavoro intero eseguito in una manciata di minuti.

Ma non sono solo i tecnici a sparire. I creativi junior — concept artist, illustratori, animatori 2D, storyboarder — rischiano di non avere nemmeno il tempo di iniziare. Le nuove generazioni entrano in un mercato dove l’intelligenza artificialeI può produrre immagini, video e animazioni da una manciata di parole. E mentre i content creator cercano di farsi spazio tra format e algoritmi, ecco che nuovi strumenti creano, scrivono, montano, pubblicano. Senza fatica. Senza budget. Senza blocchi mentali.

Agenda Digitale lo dice chiaramente: la qualità dei contenuti generati con l’intelligenza artificiale continuerà a crescere. E con essa, la lista delle professioni che verranno tagliate fuori.

Nemmeno i ruoli manageriali sono al sicuro. Il product manager di domani sarà un ibrido: capace di interpretare dati in tempo reale, gestire team misti di umani e macchine, prendere decisioni rapide con l’AI al suo fianco. Chi non impara questo nuovo linguaggio resterà indietro. Silenziosamente superato. Dimenticato.

Eppure non tutto è destinato a morire. Per alcuni, questa trasformazione è anche una nascita. In certi ambiti, l’AI non sostituisce: potenzia. Il design, ad esempio, potrebbe riscoprire un nuovo livello di profondità, grazie a strumenti che moltiplicano possibilità e velocità. Ma non tutti ci credono. Secondo Jim Covello di Goldman Sachs, l’impatto economico dell’AI sarà più contenuto del previsto: alti costi, ritorni incerti, illusioni di produttività.

Poi arriva la frase di Mira Murati, CTO di OpenAI, che fa tremare il terreno: “Forse certi lavori non dovevano mai esistere.” È più di una provocazione. È un colpo diretto al cuore di chi ha costruito la propria identità su una professione. Se l’Intelligenza  artificiale può fare meglio e più in fretta… cosa resta del contributo umano? Cosa resta dell’intuizione, dell’errore, della bellezza imperfetta?

Forse il senso non è più nel fare, ma nel reinventare il modo in cui si fa. Come accadde col passaggio dal muto al sonoro. Come quando la pellicola lasciò spazio al digitale. Anche oggi siamo davanti a un bivio. Chi saprà usare l’intelligenza artificiale come alleato, potrà creare come mai prima. Chi resterà ancorato a un’idea nostalgica del mestiere, verrà tagliato fuori. E questa volta, senza rumore.

La domanda non è più se.
È chi sarà pronto quando succederà.

Sergio

“Non siamo noi a plasmare gli strumenti: sono gli strumenti a plasmare noi.”

Marshall McLuhan (filosofo dei media, 1964)


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