L’ARC (Abstraction and Reasoning Corpus) non è un semplice test. È un enigma progettato per colpire al cuore di ciò che chiamiamo intelligenza. Creato dal ricercatore François Chollet (lo stesso autore di Keras), l’ARC è stato pensato non per verificare la capacità di calcolo delle AI, ma la loro abilità nel ragionamento astratto, proprio come farebbe un essere umano.
Il funzionamento è semplice solo in apparenza: ogni compito mostra alcune griglie colorate con una trasformazione logica sottostante. L’obiettivo? Capire la regola e applicarla a un nuovo input. Gli umani, anche bambini, riescono a dedurre la soluzione in pochi esempi. Le AI, no.
Successo medio delle AI: 31%.
Successo medio degli umani: 80%.
Fonte: AI Google Blog
Ma perché è così importante?
ARC non premia la memoria o l’esposizione a grandi dataset — i classici punti di forza degli LLM — ma richiede flessibilità mentale, intuito, capacità di astrazione. Esattamente ciò che ancora manca alle macchine. In parole povere, una vera intelligenza.
Per capire meglio leggi da Arc Prize
Lo studio di Google Research lo conferma: “Gli attuali modelli linguistici non riescono ad affrontare l’ARC perché mancano di generalizzazione e adattabilità.” Non basta riconoscere pattern o interpolare soluzioni da milioni di esempi. Serve comprendere, ridurre all’essenza, intuire la regola invisibile. Quella che non si può calcolare, ma solo vedere.
E qui emerge una verità scomoda: per quanto performanti, i LLM sono ancora ciechi davanti a compiti che richiedono pensiero umano. ARC rappresenta il punto dove le macchine rallentano e l’uomo accelera.
È una sfida che va oltre l’AI. È un test di umiltà.
Ci mostra che capire il mondo non è solo questione di dati, ma di significato.
“L’intelligenza non è l’abilità in sé, ma la capacità di acquisire nuove abilità.”
— François Chollet
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